Domenica, 19 Settembre 2010 23:20

Intervista Davide Turco

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Responsabile Fondo Atlante Ventures e Atlante Ventures Mezzogiorno Ha iniziato la sua carriera nel 1990 nella Sige (Merchant Bank del gruppo IMI)Davide_Turco_FILEminimizer dove ha dapprima sviluppato esperienze di M&A, Equity Capital Markets, Venture Capital, lavorando in seguito soprattutto nell’attività di Private Equity. Nel 1995 è passato a Mediocredito Lombardo dove ha assunto la responsabilità di vari investimenti di Private Equity e Venture Capital, entrando poi a far parte del team di Private Equity di Banca Intesa a partire dal 2002. In tale contesto ha avuto la responsabilità di gestire una decina di investimenti con un controvalore superiore a 100 mln €, in buona parte già realizzati con risultati largamente positivi. Ha ricoperto, ed in taluni casi tutt’ora ricopre, incarichi nei CdA di varie partecipazioni del gruppo Intesa Sanpaolo, fra cui: Abac Group, Bolzoni, Novamont, RDB, Valvitalia. Dal 2007 si è dedicato allo sviluppo dell’attività di Venture Capital del gruppo Intesa Sanpaolo, assumendo nel 2008 la responsabilità del Fondo Atlante Ventures e del Fondo Atlante Ventures Mezzogiorno. Nato nel 1966, è laureato in Economia Aziendale all'Università Bocconi di Milano nel 1990.

Secondo i dati Pricewaterhouse cooper, il volume degli investimenti complessivi rivolti agli Early Stage nel primo semestre 2009 pari a 56 ml di Euro è superiore a quello dei semestri precedenti (52 ml nel 2008; 39 nel 2007). Nonostante il complessivo ammontare degli investimenti in Early Stage sia ancora limitato, possiamo interpretare questo dato in modo incoraggiante? Quale significato possiamo attribuire a questi dati rispetto al trend storico attuale? [ndr. Trend storico attività annuale vs I semestre 2009: 115 ml nel 2008 – 56 nel I sem 2009 – 66 nel 2007]

Secondo me sì! Noi veniamo da anni di particolare crisi nel campo del Venture Capital. Pochi investimenti fatti, derivano fondamentalmente dalla difficoltà che hanno avuto alcune esperienze passate nel momento del boom di internet. Questo fenomeno ha provocato da parte degli investitori istituzionali una forte resistenza a investire in nuove iniziative. Mi sembra che negli ultimi anni qualcosa sia cambiato, alcuni investitori sono tornati a guardare a questo mondo: il finanziamento delle aziende innovative è cruciale per lo sviluppo dell’economia italiana. Dall’altra parte sono nati nuovi fondi con un approccio che mi sembra serio, solido e convincente . Ha avuto un ruolo importante il finanziamento pubblico che ha iniziato ad affluire a favore del Venture Capital. In particolare c’è stato il bando del Ministero del Dipartimento per l’Innovazione che ha sbloccato 86.000.000 € a favore del Venture Capital nel sud. Importante perché con il meccanismo di co-investimento pubblico e privato, si sono mobilitate il doppio delle risorse poiché ad ogni milione pubblico di investimento deve corrisponderne uno privato.

Nella realtà economica statunitense l’azione dei Venture Capitalist è stata una delle forze motrici di sviluppo economico, garantendo multipli considerevoli. Quali sono gli aspetti micro e macro economici che permettono ad un fondo di venture capital di avere successo?

Il successo del Venture Capital è determinato dalla compresenza di alcuni fattori: la presenza d’innovazione in campo accademico, la propensione dell’università e dei ricercatori a fare trasferimento di queste tecnologie al mercato, l'interesse da parte di grandi gruppi di investitori a finanziare nuove tecnologie, la propensione al rischio degli imprenditori e dei manager, soprattutto giovani. Un altro fattore significativo è la disponibilità di capitali pubblici, no profit o a medio - lungo termine che sostengano il Seed Financing, il primo passaggio, quello più rischioso e dove dunque è necessario un approccio meno profit-oriented e più istituzionale e la presenza dei Business Angels, manager con esperienza che possono dare una mano a queste realtà affiancandole. Infine indispensabile è la considerazione di un contesto normativo, tributario, fiscale, fallimentare e societario che possa agevolare le nuove iniziative imprenditoriali.

L'Italia è pronta allo sviluppo di un Venture Capital più maturo?

In Italia probabilmente dobbiamo lavorare su tutte queste realtà, per cercare di portare al successo il mondo del Venture Capital. Sicuramente abbiamo dei punti di forza, la creatività di ricercatori e manager, poi abbiamo un tessuto di piccole – medie imprese che può essere un’ottima piattaforma per fare partnership e portare innovazioni tecnologiche sul mercato. Su tutti gli altri aspetti, credo ci sia da lavorare.

Secondo lei può esistere anche un problema culturale: nella proposta di una StartUp molti degli elementi ostativi sono determinati da un Business Plan non bene elaborato e privo di quei criteri di equilibrio tali da convincere l’investitore a portare a termine un processo di round di finanziamento dell’iniziativa. Se il problema persiste quali possono essere gli interventi per superarlo?

Sicuramente bisogna agire su tutti gli elementi del sistema. Partendo dall’università si riscontra una accresciuta attenzione al trasferimento tecnologico ma credo sia necessario sviluppare una cultura che sia anche del mercato, del business, e non solo della tecnologia o dell’accademia. Iniziative come i premi a favore delle StartUp consentono alle aziende che partecipano di apprendere quali sono i meccanismi fondamentali per un investitore. Sicuramente è bene per le StartUp partecipare poiché anche in caso non si aggiudicassero la “fiducia” degli investitori, potranno reperire dei buoni consigli e ritornare con maggiori opportunità di successo.

Finanzastraordinaria.it e il suo fondatore Marco Arcari, sono molto attenti alla promozione di mecenatismo di impresa. In questo ambito è nato il premio StartUp Your Dream con la collaborazione di Iban, che ha premiato tra i progetti pervenuti, uno spin off universitario di innovazione tecnologica. Recentemente avete istituito un’iniziativa di mecenatismo affine, “Start-up iniziative”. Ci può illustrare come è nata l'idea, il suo funzionamento? Quali risultati vi aspettate?

È un’iniziativa che nasce dalla divisione Corporate & Investment Banking di Intesa SanPaolo. Noi abbiamo collaborato come fondo Atlante Ventures, per segnalare delle Start-Up che potessero essere interessanti. La logica seguita dal gruppo Intesa Sanpaolo, è cercare di agire da catalizzatore dell’innovazione. Il progetto inizialmente funziona come piattaforma dove le Start-Up vengono selezionate, allenate a presentarsi agli investitori, e vengono messe in contatto con esperti dei diversi comparti tecnologici. . Il momento finale di questa piattaforma, che dura circa una settimana, è l’incontro tra le migliori Start-Up selezionate e la platea degli investitori di Venture Capital e i Business Angels. Da questa presentazione possono nascere opportunità di business. Questo può sembrare particolare, noi siamo contemporaneamente investitori e proponenti di opportunità ad altri investitori; i quali potrebbero essere in potenziale concorrenza con noi sul singolo investimento. In realtà il clima attuale nel mondo del Venture Capital è fortunatamente di collaborazione tra gli investitori, ognuno può portare il suo contributo specifico in termini di competenze e network. Il nostro team è attualmente limitato a sole 5 persone, e può essere un’opportunità valutare co-investimenti, dove ognuno porta il suo contributo con l’obiettivo di aiutare l’azienda a crescere.

Intesa Sanpaolo ha promosso due fondi, Atlante Ventures e Atlante Ventures Mezzogiorno, dedicati a sostenere l’innovazione e lo sviluppo delle imprese italiane. Come è nata l’idea?

L’idea nasce dalla convinzione presente nel gruppo Intesa Sanpaolo che sia di cruciale importanza sostenere l’innovazione nel nostro Paese e si colloca all’interno di un sistema di altri prodotti/servizi che il gruppo ha messo ha favore di Start-Up e piccole – medie aziende che fanno innovazione. Servizi per agevolare l’accesso a strumenti di finanza pubblica sia italiana, (tramite Mediocredito Italiano) sia europea (tramite Intesa Sanpaolo Eurodesk) e strumenti di finanziamento più tradizionali, oltre alla già citata Start-Up Initiative. In questa panorama però mancava un elemento fondamentale, il Venture Capital dedicato a finanziare piccole aziende e start up high tech, che normalmente hanno un profilo di rischio piuttosto elevato.

I fondi Atlante nascono da un approccio che cerca di sommare le professionalità del Team, le competenze di eccellenza presenti nel comitato di investimento, con dall’altra parte le grandi potenzialità di un grande “network” di relazioni con aziende grandi, medie, piccole, e con centri di ricerca e università. Il network ci aiuta molto anche nello screening. È molto importante avere contatti con manager di settori specifici, che possano essere intervistati e darci un parere. Ovviamente noi dobbiamo gestire questo con la massima trasparenza. Ogni volta chiediamo l’autorizzazione perché gestiamo informazioni riservate, ma riteniamo sia il miglior modo per fare due diligence efficaci, contenendo i costi. Una delle difficoltà di questo business è la necessità di comprendere prodotti e tecnologie complesse, senza avere una storia di risultati che ci possano dare un riscontro oggettivo sugli stessi. D’altra parte il taglio medio degli investimenti è piuttosto piccolo e non giustifica costi per due diligence molto strutturate effettuate da primarie società di consulenza.

I progetti di Start up che ci pervengono sono valutati da un comitato d’investimento, composto da persone con elevata competenza: manager di alto profilo interni al gruppo e tre personalità esterne al gruppo che coniugano conoscenze tecnologiche e manageriali: . Catia Bazzioli (amministratore delegato di Novamont), Alberto Sangiovanni Vincenteli (professore di elettronica a Berkeley e co-fondatore di 2 realtà di successo del software per il disegno dei microchip) e Claudio Carnevale (amministratore delegato e socio di controllo di Acotel).

La durata complessiva degli investimenti nelle aziende è stimata in 12 anni e 10 anni. Si tratta di un periodo considerevole, decisamente più ampio rispetto al Venture Capital classico. Quali sono state le motivazioni di questa scelta?

Bisogna distinguere tra durata del fondo e durata dell’investimento. Il fondo Atlante Ventures ha una durata d’investimento di 12 anni, il fondo Atlante Ventures Mezzogiorno ha invece una durata di 10 anni, fatta salva la possibilità in entrambi i casi di un periodo di grazia di ulteriori 3 anni. La durata del fondo è sempre più lunga di quella del singolo investimento. Nell’arco di vita di un fondo si fanno investimenti nei primi anni, possono essere i primi 4 nel caso del Atlante Ventures Mezzogiorno, o i primi 6 per il fondo Atlante Ventures. Ci deve poi essere abbastanza tempo per disinvestire anche gli investimenti che richiedono maggiore tempo. Alla fine la durata media di un investimento dovrebbe essere più breve dei 12 anni, comunque maggiore rispetto alla durata media degli investimenti di Private Equity tradizionali, perché il sostegno all’innovazione ha bisogno di un approccio di medio – lungo termine, di capitali pazienti.

Parlando del disinvestimento, quali possono essere le way out che vi siete preposti di seguire?

Il percorso più frequente riteniamo possa essere un’attività di cessione ad aziende di maggiori dimensioni, che possano essere interessate ad acquisire queste realtà per portarle nel loro interno. Non tralasciamo poi altre opportunità come le quotazioni. Da non dimenticare come canale di uscita il trasferimento a fondi che fanno Venture Capital in una fase successiva oppure fondi che fanno Private Equity dedicati ad aziende di piccole-medie dimensioni.

Quali sono le Start-Up presentate a questa richiesta di potenziale investimento?

Sono arrivate proposte essenzialmente dal mondo ICT, CleanTech, nuovi materiali, energie rinnovabili, molte iniziative nel settore biomedicale. Ci sono poi aziende in settori più tradizionali come la meccanica, però con approcci evoluti, e di business innovativi non necessariamente legati ad alte tecnologie. Per quanto riguarda lo stadio di vita direi che i casi sono molteplici: vere e proprie Start-Up, aziende che hanno già dei ricavi ed anche aziende già profittevoli con bisogno di capitale per lo sviluppo di nuove tecnologie.

Quali criteri sono discriminanti per la scelta delle imprese e le Start Up di impresa da finanziare all’interno dei vostri fondi?

Si lavora molto sul vantaggio competitivo, spesso un vantaggio tecnologico incentrato su brevetti. Come secondo filone si va ad esaminare la dimensione del mercato, e il posizionamento competitivo. E’ interessante vedere quali sono le dinamiche dei mercati ai quali l’azienda si rivolge, per valutare se ci sia una dimensione sufficientemente ampia da consentire la potenzialità di crescita, aspetto fondamentale per un investitore di Venture Capital. A noi interessano solo le realtà che che possono diventare grandi, con progetti ambiziosi di crescita. L’ultimo punto è verificare se l’azienda ha al suo interno le competenze per percorrere questo sentiero di crescita. E' molto frequente l’approccio di team prevalentemente formati da ricercatori o persone con un’esperienza scientifico-tecnologica; poco frequente è invece la presenza di tutte le competenze necessarie per lo sviluppo del business e la gestione finanziaria della società. Molto spesso noi richiediamo che si integri il team con le opportune figure o si delinei un opportuno percorso per l’inserimento di certe competenze.

In che modo si verifica e si gestiscono l’interazione e la partnership delle nuove iniziative imprenditoriali con aziende più mature?

Lo sviluppo di partnership nasce dal nostro tentativo di creare un network tra le aziende piccole che ci approcciano, e realtà medie-grandi che ruotano intorno al gruppo Intesa – SanPaolo. Lo facciamo fin dalla fase di due diligence, quando con il consenso delle aziende facciamo interviste a manager o esperti di settore che ci possano dare valutazioni sulla tecnologia o sulle potenzialità dell’approccio che ci viene proposto. Anche nella fase successiva all’investimento si fa molto lavoro di network, aiutando l’azienda a contattare interlocutori di gruppi più grandi, che possano essere possibili clienti o partner. Il fondo rivolto al Mezzogiorno è un progetto a lungo perseguito.

Quali differenze esistono rispetto al fondo Atlante?

La differenza fondamentale è l’area geografica (regioni del Mezzogiorno), e il settore (innovazione a contenuto digitale,sostanzialmente il mondo del ICT). C’è un ulteriore vincolo, il 60% delle realtà devono essere delle Start-Up, quindi prive di prodotti già sul mercato, questo dà una natura più Early Stage rispetto al fondo Atlante Ventures. Per tutto il resto l’approccio è il medesimo.

Quali sono i canali per accedere al round di finanziamento? Quali sono i punti chiave per poter presentare una proposta di successo ad uno dei due fondi?

Molto spesso viene mandato direttamente un business plan via mail, altre opportunità sono invece inviate da intermediari che aiutano le aziende a strutturare Business Plan e poi ad approcciare dei fondi. Altre volte ancora ci arrivano da altri fondi, che cercano coinvestitori per i loro progetti. Infine non sono da dimenticare le segnalazioni che ci arrivano all’interno del gruppo Intesa SanPaolo. Per esempio dalla Start Up Initiative o dall’Euro Desk, ossia il team che assiste le aziende che vogliono accedere a progetti quadro europei. Queste aziende, in grado di produrre progetti in inglese e di interfacciarsi con controparti di più paesi, sono spesso molto interessanti per noi. Inoltre arrivano segnalazioni dal Corporate & Investment Banking e dalla Banca dei Territori.

Ad oggi quali sono i numeri degli investimenti già realizzati?

Noi abbiamo visto un totale di circa 400 aziende. Alcune approfondite ed alcune semplicemente valutate sulla base dei documenti inviati. Ad oggi abbiamo fatto un primo investimento in IGEA, un’azienda che opera nel settore biomedicale,con un fatturato di circa 8 milioni, già profittevole. Siamo in fase avanzata di negoziazione di due nuovi investimenti e altri due sono già stati deliberati ed ora in fase di Due Diligence, nel campo biomedicale, elettronica ed ICT. Una di queste opportunità riguarda Atlante Ventures Mezzogiorno. Altre iniziative sono in fase di Stand-by, perché devono fare ancora una parte del percorso prima di poter essere oggetto di investimento.

Quali figure potrebbero aiutare le società / spin off a presentare un'offerta completa e premiante?

Noi abbiamo fatto un’esperienza con l’università di Milano creando la “Fondazione Filarete” che ha tra le sue attività quella di assistere le aziende generate dall’Università di Milano nel campo delle Life Sciences e aiutarle nello sviluppo del business. E’ sicuramente fondamentale lo sviluppo del sistema degli incubatori/acceleratori di impresa, di fondi Seed, Business Angels e consulenti che abbiano competenze di business e comprensione delle tecnologie.

Uno scoop da comunicare ?

Come detto, abbiamo quattro operazioni prossime alla chiusura, ma purtroppo non possiamo ancora svelarle 12/02/2010 TB finanzastraordinaria.it 2010

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