Una donna tra i banchieri, il ritratto di Pia de’ Tolomei

Pia_de_Tolomei_FILEminimizer"Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
e riposato de la lunga via»,
132 seguitò 'l terzo spirito al secondo,

«ricorditi di me, che son la Pia:
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che 'nnanellata pria
136 disposando m'avea con la sua gemma»."

Termina così con la preghiera accorata de “la Pia” il Canto V del Purgatorio in cui Dante si trova nell’Antipurgatorio ad incontrare nel corso del suo viaggio le anime di coloro che morirono di morte violenta. I “negligenti” qui riuniti, devono attendere di poter iniziare il percorso di espiazione a loro destinato prima di poter accedere all’agoniato Paradiso.

E’ in questo clima di attesa che il sommo poeta fiorentino s’imbatte nella preghiera quasi sussurrata con dolce fretta dalla senese Pia de’ Tolomei, una delle figure femminili più celebrate dagli studi sulla Divina Commedia.

Figura: Stefano Ussi, La Pia de' Tolomei olio su tela Milano, Collezione privata

Tutta la sua storia è sapientemente riassunta nel dittico “Siena mi fè, disfecemi Maremma: / salsi colui che ‘nnanellata pria”. Una donna che con la consueta pennellata poetica Dante ci accenna, ma che in realtà con altrettanta fierezza la sua poesia consegna all’attenzione dei lettori, dei critici e della storia.

Ma chi è Pia? La sua famiglia trae addirittura origine dalla leggenda che scava nel tempo a ritroso fino all’antica Roma. La tradizione mitologica ci narra di un Tolomeo XV che fu figlio dell’unione tra Giulio Cesare e Cleopatra. La sorte di Tolomeo fu certamente più fortunata di quella della sua discendente poiché, benché condannato a morte certa dalle mire di Ottaviano, nipote di Cesare e dunque erede designato alla successione in mancanza di eredi diretti, fu salvato da Marco Antonio che sacrificò un altro cugino in tutto e per tutto simile a Tolomeo e nascose questo ultimo in terra di Maremma.

Capostipite di una dinastia tra le più importanti di Siena, erede leggendario del sangue del grande condottiero romano, Tolomeo XV è l’avo più lontano della nobile Pia. Ma del ritratto che di lei Dante ci consegna, la nobiltà di “lignaggio” neppure s’accenna nelle parole di colei che dimentica il suo cognome nel breve tempo del suo discorso. Se dovessimo, facendo fede alla leggenda, rifarci alla modalità latina di annoverare i nomi, dovremmo osservare che al cognome (il terzo) e al nome della casata (il secondo), la donna preferisce il “prenome” ossia il nome dell’individuo.

Pia_FILEminimizerFigura: Achille Della Croce, Pia de'Tolomei marmo Napoli, Museo di Capodimonte

Pia dunque come persona, solo e soltanto persona e non casato, non famiglia. Per quale motivo? La famiglia de’ Tolomei era una delle più illustri di tutta Siena: mercanti e banchieri, possessori di importanti dimore tra cui Palazzo Tolomei, ma anche beati di grande importanza come Bernardo de’ Tolomei che fondò il monastero di Monte Oliveto Maggiore.

La storia ci narra che Pia, la cui dimora si narra sia tuttora visibile poco distante da Piazza del Campo, fu maritata ben due volte. In seguito alla prematura morte del primo marito cavaliere, fu data in sposa ad un altro importantissimo casato maremmano nella figura di Nello dei Pannocchieschi. Fu questo un matrimonio infelice che, portò alla morte la donna in circostanze paragonabili ad un moderno giallo. Diverse le teorie, certo il mandante. Se la morte non fu per mano diretta di Nello, certamente lo fu per sua idea. Così che fosse per avvelenamento o per una accidentale caduta dalla finestra più alta del castello, la morte si portò via la donna tra le mura di Castel di Pietra.

Trista sorte secondo le leggende perseguitò anche il consorte Nello che nonostante si fosse agevolmente risposato, non potè godersi a lungo l’erede nato da questa unione: precocemente strappato alla vita appena dodicenne annegato in un pozzo.

Pia sussurra la sua parte di storia con poche parole, molto intense. Dimenticando il casato, ricordando l’atroce delitto e il suo artefice. Una donna spogliata del corpo e ferita nell’anima ma che riesce a realizzare la sua preghiera.

Ancora oggi infatti le sue ultime parole rimangono impresse nello scrigno più prezioso della nostra produzione poetica. L’ispirazione dantesca inoltre fu ripresa dall’opera lirica “Pia de’ Tolomei” composta da Gaetano Donizetti su libretto di Salvadore Cammarano tra il 1836 e il 1837.

"Sposo, ah! tronca ogni dimora...

al mio sen, deh vola o Nello;
dimmi: t'amo... ed all'avello
questo accento mi torrà.

Ah! La Pia, se indugi ancora

preda fia d'acerba morte,
ed al bacio del consorte
più risponder non potrà."